Premessa
- In luglio 2024, il CHMP dell’EMA ha scoraggiato l’approvazione del nuovo anticorpo monoclonale a causa di eventi avversi legati ad anomalie di imaging correlate all'amiloide “amyloid-related imaging abnormalities, ARIA”. Questi eventi causano accumulo di liquido nel cervello e rischio di sanguinamenti.
- In novembre 2024, il CHMP dell’EMA ha rivisto la precedente valutazione, consigliando l’approvazione solo su un sottogruppo di pazienti, ovvero i portatori di una sola o di nessuna copia del gene ApoE4, con rischio minore (ma non assente) di tali eventi rispetto a pazienti con due copie del gene ApoE4.
- Tali effetti avversi (ARIA), si verificano anche con gli altri anticorpi monoclonali anti- Aβ, perché la rimozione delle placche di Aβpuò determinare un danno dei vasi cerebrali. Infatti, era già stato riportato negli studi con aducanumab, farmaco non più in commercio.
- Anche per donanemab (Kisunla, Eli Lilly Nederland B.V.), il CHMP dell’EMA ha di recente espresso parere non favorevole.
- Con questi risultati, perché le Aziende si concentrano nello sviluppo di anticorpi monoclonali anti- Aβ che, come già riportato, hanno seri eventi avversi ed un’efficacia lieve?
Introduzione
L'ipotesi “amiloide” per la malattia di Alzheimer (Alzheimer’s disease, AD) si riferisce al fatto che l’accumulo anormale nel cervello di beta-amiloide (Aβ) è l’evento chiave che innesca una complessa cascata che porta a neurodegenerazione e declino cognitivo.1,2 Questa ipotesi ha portato l'attenzione sull'equilibrio tra produzione ed eliminazione di Aβ nell'AD, portando strategie volte a ridurre la produzione di Aβ, come gli inibitori della β-secretasi e gli inibitori della ɤ-secretasi, o ad aumentare la clearance di Aβ, come immunoterapia attiva e passiva.1,3,4 Di tutti gli approcci anti-Aβ, l'immunoterapia passiva con anticorpi monoclonali è stato quello meglio tollerato e, data la sua meccanica selettività, è stato ampiamente considerato come l'approccio terapeutico di scelta.4 Come nel caso della maggior parte degli approcci anti-Aβ, i singoli studi che testano gli anticorpi monoclonali anti-Aβ non hanno riportato risultati incoraggianti, e i risultati con lecanemab ne sono una ulteriore conferma. Aducanumab non è stato approvato e lecanemab, in scia con i risultati del suo predecessore, non ha avuto molto successo in termini di efficacia e soprattutto di sicurezza. L’Agenzia regolatoria europea ha dovuto restringere il campo d’azione del nuovo farmaco ad un sottogruppo di pazienti che ha riportato un minore numero di eventi avversi, ma che ovviamente non sono del tutto assenti.
I dati di efficacia e sicurezza
Lo studio registrativo di Fase III (randomizzato e controllato, RCT) ha valutato i dati di efficacia e sicurezza in una popolazione di 1795 pazienti con morbo di Alzheimer in fase iniziale (ovvero con deterioramento cognitivo lieve).5 Di questi, 898 assegnati al braccio di trattamento (lecanemab 10 mg/kg ogni 2 settimane), mentre 897 nel braccio placebo. L’end-point primario di efficacia è stata la progressione della malattia dal valore di baseline a 18 mesi, valutata mediante opportuna scala di valutazione (Clinical Dementia Rating - Sum of Boxes (CDR-SB). Il punteggio CDR-SB medio al basale era di circa 3,2 in entrambi i gruppi di trattamento in linea con il punteggio nello stato iniziale della malattia (punteggio da 0,5 a 6). La variazione media a 18 mesi nel punteggio CDRSB è stata di 1,21 nel gruppo lecanemab e di 1,66 nel gruppo placebo (-0,45; CI 95%: -0,67 - 0,23; P < 0,001).
Riguardo il profilo di sicurezza, gli eventi avversi che hanno portato all'interruzione del trattamento si sono verificati nel 6,9% dei partecipanti nel gruppo lecanemab e nel 2,9% di quelli nel gruppo placebo. Molta discussione hanno suscitato i dati preoccupanti riportati riguardo eventi avversi legati ad anomalie di imaging correlate all'amiloide “amyloid-related imaging abnormalities, ARIA”.
I risultati per eventi avversi di tipo ARIA-E (ovvero quelli che consistono in cambiamenti del segnale di risonanza magnetica di edema cerebrale), hanno riportato i seguenti valori: 12,6% con lecanemab e 1,7% con placebo. I risultati riguardo gli eventi avversi di tipo ARIA-H (ovvero quelli che potenzialmente possono provocare microemorragia ed emosiderosi superficiale), hanno riportato i seguenti valori: 17,3% con lecanemab e 9,0% con placebo.
EMA: gli sviluppi dell’iter valutativo
In luglio 2024, il CHMP dell’EMA non ha consigliato l’approvazione di lecanemab a causa degli eventi avversi di tipo ARIA.6-8 Successivamente, novembre 2024, a seguito di una rivalutazione a fronte di dati presentati dall’Azienda Eisai (che ha sviluppato lecanemab in co-partnership con Biogen), il CHMP dell’EMA ha rivisto la precedente valutazione, consigliando l’approvazione ristretta ad un sottogruppo di pazienti, ovvero i portatori di una sola o di nessuna copia del gene ApoE4, con rischio minore (ma non assente) di tali eventi rispetto a pazienti con due copie del gene ApoE4.6 I risultati clinici hanno riportato i seguenti valori: l’8,9% di quelli con solo una o nessuna copia di ApoE4 ha manifestato ARIA-E (edema) rispetto al 12,6% di tutti i pazienti; il 12,9% ha manifestato ARIA-H (emorragie) rispetto al 16,9% della popolazione più ampia. Tra i pazienti con una o nessuna copia di ApoE4 trattati con placebo, invece, i valori sono stati I seguenti: 1,3% e 6,8% per ARIA-E e ARIA-H, rispettivamente.
Il CHMP dell’EMA ha raccomandato come condizione ulteriore, che vi siano in atto misure di minimizzazione del rischio per ridurre il rischio di eventi di tipo ARIA grave e sintomatici e di monitorarne le conseguenze a lungo termine. I pazienti dovranno sottoporsi a scansioni RM (risonanza magnetica) per monitorare eventi tipo ARIA prima dell'inizio del trattamento e prima della quinta, settima e quattordicesima dose. Ulteriori scansioni RM potrebbero essere necessarie in qualsiasi momento durante il trattamento se i pazienti dovessero sviluppare sintomi come mal di testa, confusione, alterazioni visive, vertigini, nausea e difficoltà a camminare. Inoltre, deve essere condotto uno studio di sicurezza post-autorizzazione per caratterizzare ulteriormente il problema e valutare l'efficacia delle misure di minimizzazione del rischio.
I dubbi e le perplessità della comunità scientifica
Come Associazione Scientifica e Culturale di Farmacisti SSN, ci sentiamo in dovere di segnalare come l’eventuale approvazione di lecanemab inevitabilmente porterà a successive discussioni per problematiche su diversi aspetti:
- Riteniamo si debba approvare un farmaco solamente in condizioni di adeguati livelli di efficacia e sicurezza, che nella fattispecie non sussistono. L’approvazione “in potenza” di farmaci che da tempo hanno riportato valori che possono mettere a rischio i destinatari delle cure, o che non hanno una solida documentazione scientifica, sono da sconsigliare.
- L’ARIA è un effetto avverso che si verifica anche con gli altri anticorpi monoclonali anti-Aβ, perché la rimozione delle placche di Aβ può determinare un danno dei vasi cerebrali. Infatti, era già stato riportato negli studi con aducanumab, farmaco non più in commercio.9
- Anche per donanemab (Kisunla, Eli Lilly Nederland B.V.), altro anticorpo monoclonale disponibile negli Stati Uniti sono stati segnalati casi di ARIA. Per quest’ultimo, recentemente il CHMP dell’EMA ha espresso parere non favorevole all’autorizzazione in commercio (in attesa di sapere se l’Azienda presenterà ulteriori dati a supporto).10
- In Italia si aggiunge anche una grave mancanza che riduce ulteriormente la platea dei possibili beneficiari. Secondo la Federazione Alzheimer Italia,11 nel nostro Paese ad oggi ci sono solo 47 Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (CDCD), attrezzati con apparecchiature e competenze necessarie per la somministrazione e il monitoraggio di lecanemab: rappresentano il 10,4% del totale e sono distribuiti in modo disomogeneo, lasciando scoperte molte aree soprattutto nel sud Italia.”
Conclusioni e riflessioni finali
È essenziale considerare che la durata del trattamento con lecanemab e i suoi effetti a lungo termine sollevano interrogativi rilevanti. Sebbene gli studi clinici abbiano evidenziato un rallentamento marginale della progressione del deterioramento cognitivo nei 18 mesi di terapia, i dati disponibili non sono sufficienti a garantire la sicurezza e l'efficacia del farmaco oltre tale periodo. Rimane dunque incerto se il trattamento possa essere prolungato oltre i 18 mesi o se sia necessario tornare ai farmaci tradizionali. Questa mancanza di evidenze consolidate richiede ulteriori studi per determinare le implicazioni cliniche e terapeutiche a lungo termine. Inoltre, necessità di scansioni frequenti per monitorare eventi avversi legati alle anomalie di imaging correlate all’amiloide (ARIA) evidenzia ulteriori criticità, rendendo il trattamento complesso e potenzialmente oneroso. Inoltre, gli effetti cumulativi del farmaco sui vasi cerebrali e il rischio di microemorragie rimangono incerti nel lungo termine. Questi dubbi mettono in discussione la sostenibilità e l’effettiva utilità di una terapia continuativa con lecanemab, soprattutto considerando il costo economico e il carico assistenziale richiesto per il monitoraggio intensivo dei pazienti12, 13.
Nei pazienti con AD con lieve disturbo cognitivo, i risultati degli studi registrativi di anticorpi monoclonali anti-Aβ hanno riportato risultati di lieve entità riguardo il beneficio clinico incrementale. Indubbiamente il profilo di sicurezza lascia forti dubbi e preoccupazioni: sia per la presenza di eventi avversi, sia per le difficoltose procedure di monitoraggio di effetti avversi legate ad apparecchiature e competenze necessarie per la somministrazione. È stato già ribadito come la continua controversia sui rischi e benefici di anticorpi monoclonali anti-Aβ, abbia importanti implicazioni per il futuro di altri farmaci anti-amiloidi, nonché sull’interpretazione dell'ipotesi della beta-amiloide come target per il trattamento di pazienti con lieve disturbo cognitivo e AD in fase iniziale.
La domanda che sorge spontanea è la seguente: perché continuare ed insistere in questa direzione? Sicuramente lo sviluppo di nuovi farmaci deve prevedere anche un tempo necessario per capire se continuare in una direzione piuttosto che in un’altra, ma in questo caso appare evidente che più volte si sia tentato di portare gli anticorpi monoclonali anti-Aβ in commercio, ma senza risultati incoraggianti.
Un’ultima considerazione riguardo il prezzo appare doverosa. Lecanemab sarà somministrato ogni due settimane per via endovenosa: quanto costerà non solo il farmaco, ma tutto ciò che comporta il ricovero in regime di day-hospital, e soprattutto l’intero monitoraggio di eventuali ARIA? E soprattutto, a quale prezzo pagheremo un farmaco di lieve efficacia rispetto al placebo, e che soprattutto può provocare rischi per la salute?
Lecanemab è stato approvato da alter Agenzie regolatorie: FDA, Giappone, Cina e Corea del Sud. L’EMA avrà il coraggio di sollevare un cambio di rotta?
*Nuovo Ospedale S. Stefano di Prato - Azienda USL Toscana Centro
**Dipartimento Farmaceutico della ASL BAT
***UOC Farmacia Territoriale ASL TO4 Piemonte
BIBLIOGRAFIA
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