Premessa
I costi per finanziare la ricerca sui farmaci da parte delle aziende farmaceutiche sono sempre stati oggetto di studi, valutazioni e ricerche che hanno alimentato un dibattito ampio che ha coinvolto non solo le aziende del settore, gli analisti, le autorità sanitarie ma anche i decisori pubblici al più alto livello.
Ad esempio, ha avuto una grande rilevanza mediatica la richiesta del Senato americano alla società Gilead di far conoscere quali fossero stati i costi sostenuti da questa multinazionale americana per lo sviluppo dei farmaci approvati per il trattamento dell’epatite c.
Nell’indagine che ne era seguita la Commissione Finanze del Senato americano aveva concluso che l’azienda aveva sempre posto il profitto davanti alla salute dei malati. ([1])
Riportiamo quanto rivelato dalla stampa:
“ Il senatore Ron Wyden ha detto: «È stato sempre nei piani di Gilead massimizzare le entrate, e la convenienza e l'accessibilità venivano in secondo piano». Nell'indagine si aggiunge inoltre che i prezzi del Sovaldi (sofosbuvir) e del trattamento combinato Harvoni (ledipasvir-sofosbuvir) non riflettono costi di ricerca e sviluppo o di acquisizioni così alti. In una dichiarazione Gilead ha replicato: «Con le riduzioni e gli sconti ora in atto, i prezzi sono attualmente inferiori dei regimi precedenti». L'azienda ha anche ricordato di aver provveduto a programmi speciali per i pazienti non assicurati e che questi trattamenti riducono i costi a lungo termine associati con l'epatite C cronica, come ad esempio la necessità di trapianti di fegato.”
Il prezzo dei farmaci
Come abbiamo sempre sostenuto in più circostanze il prezzo dei farmaci non è più sostenibile una contrattazione che non tenga conto del valore delle terapie e che sia ancorata ai costi di ricerca che una azienda dichiara di sostenere e che dovrebbe diventare desueto. ([2])
“Due sono le principali filosofie/criteri che guidano i meccanismi di determinazione del prezzo dei farmaci. Da un lato vi è il criterio, storicamente obsoleto, secondo cui la spesa per un farmaco rappresenta l’acquisto della materia prima che lo costituisce (criterio della materia prima); secondo questa filosofia, il prezzo del farmaco serve come “pagamento” dei milligrammi di principio attivo necessari per la terapia cosicché, sulla base di una diretta proporzionalità, il prezzo cresce al crescere della quantità di principio attivo (e viceversa).
D’altro lato vi è il criterio della determinazione del prezzo basato sull’entità/dimensione/importanza del beneficio clinico generato dal trattamento (criterio del beneficio). Nei paesi anglosassoni si parla di “value-based pricing", laddove i termini beneficio, risultato clinico, valore clinico, valore terapeutico, etc servono più o meno indifferentemente ad indicare il parametro principale che orienta il prezzo.
Secondo questa filosofia, si riconosce che il driver della remunerazione economica è rappresentato dall’entità del beneficio clinico cosicché il prezzo di un farmaco è tanto più alto quanto più grande è il beneficio.”
Anche sulla trasparenza si è attivato un dibattito rilevante, ripreso recentemente da Andrea Messori su un quotidiano online di settore ([3]).
Cosa si domanda e come argomenta il noto farmacista toscano dipendente da Estar-Regione Toscana:
“Che relazione c’è tra trasparenza dei prezzi e "value-based pricing"? Sono due concetti collegati molto strettamente l’uno con l’altro. Infatti, dato che il "value-based pricing" rappresenta una regola esplicita (anzi trasparente), l’applicazione di questa regola per ciascun farmaco e la verifica della sua avvenuta applicazione presuppongono gioco forza che i prezzi siano trasparenti.
La sensazione è che, perseguendo la trasparenza sia dei costi che dei prezzi, tutto rimarrà come prima e quindi non si raggiungerà la trasparenza dei prezzi, che invece sarebbe un obiettivo raggiungibile.
Che relazione c’è tra trasparenza dei prezzi e "value-based pricing"? Sono due concetti collegati molto strettamente l’uno con l’altro. Infatti, dato che il "value-based pricing" rappresenta una regola esplicita (anzi trasparente), l’applicazione di questa regola per ciascun farmaco e la verifica della sua avvenuta applicazione presuppongono gioco forza che i prezzi siano trasparenti.
Solo il NICE riesce, con straordinari equilibrismi, a mantenere i prezzi confidenziali assicurando al tempo stesso (sulla “fiducia”) l’avvenuta applicazione del "value-based pricing" (generalmente fino a 30 mila sterline per anno di vita guadagnato compreso l’aggiustamento per la qualità della vita). Oltretutto, la “regola” non è particolarmente complicata da applicare. Posto che in Europa un mese di vita guadagnato viene valorizzato attorno a 5mila euro (ovvero sia 60mila per un anno), un farmaco oncologico che mediamente prolunga la sopravvivenza di 2 mesi verrà valorizzato orientativamente a 10mila euro, a 20 mila euro se fa guadagnare 4 mesi, a 60mila euro se fa guadagnare 1 anno, etc.
Perché il "value-based pricing" dovrebbe rappresentare il punto di partenza per la negoziazione della rimborsabilità? E’ condivisibile che il negoziatore debba aver diritto ad una (limitata) elasticità decisionale in funzione di un certo numero di fattori (ad es. numero di farmaci competitor, durata della copertura brevettuale residua, dimensione della casistica o, al contrario orfanicità della patologia). Ciò significa che alcuni correttivi a “far scendere” il prezzo oppure a “farlo salire” sono necessari. Di fatto, riduzioni del prezzo reale (correttivi “a scendere”) sono determinate ad esempio dai meccanismi di rimborso degli insuccessi terapeutici (documentati sul singolo paziente), dalla scontistica prezzo-volume quando la casistica aumenta, dall’estensione delle indicazioni rimborsate, etc. Al contrario, il prezzo può salire (correttivi “a salire”) nel caso di riconosciuta innovatività del farmaco (leggasi: esonero dallo sconto obbligatorio del -5% due volte), di incentivi per i farmaci orfani, e quasi in nessun altro caso.
Poiché questi correttivi assorbono tempo, energia e risorse sia sul versante dell’industria che sul versante delle istituzioni pubbliche, la domanda che sorge spontanea è la seguente: qual è il senso di questi correttivi se il punto di partenza della negoziazione non è vincolato, anzi è lasciato libero? Per un’industria sarà sufficiente collocare il prezzo di partenza il 10% più in alto per poter poi accettare tranquillamente uno sconto del 10% nel corso della negoziazione.
Per fortuna, altri paesi applicano da tempo il “value-based” pricing e quasi sempre lo applicano cronologicamente prima di noi in relazione ad ogni singolo farmaco. L’Italia quindi si trova a negoziare prezzi che, altrove, già sono stati collocati in una fascia di prezzo alta, ma non inverosimile (grazie al “value-based” pricing altrui). Ma se una volta un’industria decidesse di negoziare il prezzo di un farmaco nuovo scegliendo l’Italia come primo paese per la negoziazione, come faremo (senza “value-based” pricing) a comprendere se il prezzo richiesto è ragionevole oppure inverosimile?
Il tema degli investimenti
Gli analisti da sempre seguono gli orientamenti delle industrie farmaceutiche negli investimenti per nuovi prodotti che producono conseguentemente le determinazioni degli investitori su dove, come e quanto investire (o disinvestire) per aumentare i propri profitti.
In questo periodo non poteva sfuggire loro il tema di quanto produttivi saranno gli investimenti per trovare la soluzione terapeutica per la pandemia da COVID-19.
Occorre partire dal fatto che vi sono ripetute dichiarazioni da parte dei Governi degli Stati occidentali ma anche asiatici nella previsione di sostenere finanziariamente le industrie farmaceutiche in questa ricerca, per la quale sono ormai attive non decine ma centinaia di studi sperimentali su ogni tipologia di farmaco.
Il tema che gli analisti si pongono è quanto potrà costare questo immane sforzo di investimenti in ricerca per lo sviluppo di vaccini e di antivirali utili nella attuale pandemia mettendoli a confronto con la spesa sostenuta nelle pandemie precedenti.
L’azienda che risulterebbe più avanti con una sperimentazione clinica in fase III è la Gilead Sciences, la stessa che trovò per prima i prodotti impiegati nell’eradicamento dei virus dell’epatite c. Si parla nel caso specifico di investimenti per oltre 150 milioni di dollari (Fonte: Evaluate Pharma Vision); chiaramente la conduzione di studi che vengono condotti in Cina consente di contenere i costi che in altri Paesi del mondo occidentale sarebbe di gran lunga più onerosi.
Immaginiamo che se questo investimento decisamente contenuto sul prodotto Remdesivir fosse produttivo con un farmaco efficace e sicuro ancorchè mirato al Covid-19, i profitti risultanti sarebbero enormi e vale la pena di verificare il trend dello share della Società quotata e delle news release sui progressi ottenuti.
Può essere sufficiente -dice la stessa fonte da noi riportata- che la Società Roche con il noto Tamiflu ha ricava nel 2014 1 miliardo di dollari e dal suo lancio nel 1999 ad oggi ha ottenuto ricavi per circa 16 miliardi.
La tabella che si allega mostra i ricavi che sono stati portati alle aziende produttrici dalle vendite di prodotti antivirali.
Tabella 1 – Sviluppo antivirali Coronavirus
Details |
Estimated cost of trial ($m)* |
NCT ID |
US sponsored studiesModerate Covid-19 disease, remdesivir vs SoC (n=600) |
||
92 |
||
Severe Covid-19 disease, two remdesivir regimens (n=453) |
61 |
|
NIAID-sponsored adaptive Covid-19 treatment trial (n=394) |
88 |
|
Chinese sponsored studies |
||
Severe Covid-19 respiratory disease (n=453) |
31 |
|
Mild-moderate Covid-19 respiratory disease (n=308) |
21 |
|
Estimated total clinical costs of developing Tamiflu |
300 |
- |
Estimated total clinical costs of developing Relenza |
393 |
- |
SoC = standard of care. Source: EvaluatePharma Vision. |
||
*EvaluatePharma Vision’s R&D cost model estimates the cost of individual clinical programmes using real-world data. Company disclosed product-level spend and clinical trial patient numbers are combined to create cost per patient benchmarks by technology and therapy type. Utilising a matching algorithm, these benchmarks are applied to all commercially relevant clinical trials to estimate their cost, which can then be aggregated by product to estimate the cost of development of all products. |
Riflessioni
E’ assolutamente probabile che questa corsa ad arrivare primi nel trovare le soluzioni terapeutiche/profilattiche rispettivamente con antivirali (possibile) o con vaccini (improbabile) produrrà l’arrivo sul mercato di più prodotti, i cui costi saranno a carico del Servizi sanitari nazionali che potranno permetterselo per disponibilità di fondi e per copertura universale o parziale.
Si riproporrà inevitabilmente ancora una volta il tema del value-based price o della contrattazione che parte dei costi di ricerca sostenuti per approdare a quella del negozio puro.
Poi, come è già accaduto, di fronte a persone malate che, se non trattate, vanno incontro ad exitus certo, questo dibattito sarà spazzato via dall’emergenza e si andrà all’accordo spostato dal peso che avrà chi detiene il prodotto efficace, giunto primo sul mercato, in attesa della concorrenza e del valore dei suoi prodotti.
Vale la pena di ricordare che nel mondo a organizzazione capitalistica matura ed avanzata vale, diciamo prevalentemente, la legge della domanda e dell’offerta e che visioni ad alta responsabilità sociale in grado di ottenere prezzi più contenuti e maggiormente rispondenti al grado di copertura assicurativa pubblica o privata, sono residuali o episodiche, ancorchè da noi estremamente apprezzate (cfr. cessione gratuita di Roche Italia del proprio antiartrico per trattamento off-label da parte delle terapie intensive italiane).
Rimaniamo comunque sempre fiduciosi nella ricerca a carattere scientifico e nel sistema di protezione solidaristica adottato dal nostro Paese, di cui forse la maggior parte dei cittadini solo ora ne comprende il grande valore.
Bibliografia
[1] Il Sole 24 Ore Sanità. Usa, indagine Senato: Gilead ha messo profitti prima di salute pazienti. Sitoweb: https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/europa-e-mondo/2015-12-02/usa-indagine-senato-gilead-ha-messo-profitti-prima-salute-pazienti--173659.php?uuid=ACVRUolB&refresh_ce=1. Accesso del 15 marzo 2020
[2] AIFA Guest Editorial, di Messori A, De Rosa M, 16 Marzo 2014, sitoweb http://www.agenziafarmaco.gov.it/content/caso-avastin-lucentis-il-prezzo-di-un-farmaco-rappresenta-i-milligrammi-di-principio-attivo- Accesso del 15 marzo 2020
[3] Andrea Messori. I nuovi farmaci ed il “value-based pricing”. Quotidiano on line di informazione sanitaria. 15 MARZO 2020. Sitoweb: https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=75821. Accesso del 15 marzo 2020