L'articolo è stato pubblicato sul Quotidiano Sanità come contributo di SP nel dibattito sul futuro del Servizio Sanitario Nazionale, dopo la pandemia. L'articolo viene pubblicato di seguito, ma é accessibile anche sulla rivista di sanità online Quotidiano Sanità.

Premessa

Come associazione Slow Pharmacy, che raccoglie adesioni prevalentemente tra farmacisti del SSN (ospedalieri e dei servizi farmaceutici delle ASL), vorremmo entrare, con alcuni spunti, nel dibattito virtuale che si è aperto a seguito della pubblicazione del libro di Ivan Cavicchi (ma anche quello di Silvio Garattini) sul futuro del Servizio Sanitario Nazionale. Vogliamo precisare che il nostro contributo vuole essere quello di “addetti ai lavori” che credono in una sanità pubblica, universale e gratuita e auspicano che possa diventare sempre più adeguata e coerente con i bisogni della popolazione, indipendentemente dalla connotazione politica del pensiero riformatore.

L’organizzazione e la gestione attuale del SSN

L’attuale organizzazione del SSN, sottoposta allo “stress test” della pandemia da Covid, ha mostrato i suoi limiti ed ha strappato il velo sui molti errori commessi, magari anche in buona fede, sia in sede normativa nazionale e regionale, sia nella ideazione dell’articolazione delle strutture sanitarie.

Sul piano normativo, l’aziendalizzazione della sanità così come si è consolidata oggi, ha consegnato le aziende sanitarie, nelle mani di fantomatici manager monocratici espressi dalla politica, togliendo ogni voce in capitolo sia al personale sanitario (il Consiglio dei Sanitari è una scatola vuota), sia alle espressioni della comunità locale nella quale opera l’azienda stessa.

L’applicazione del Titolo V ha invece legittimato di fatto, la costituzione di 21 sistemi sanitari diversi per denominazione e organizzazione delle strutture, per offerta di servizi ai cittadini e per accessibilità alle cure, creando disuguaglianze e iniquità nella fruizione del diritto alla salute previsto dalla Costituzione.

Sul piano della ideazione, pregettazione e organizzazione delle strutture sanitarie, si può constatare il fallimento dello stesso concetto di prevenzione, oltre a quello delle relative strutture.
Nella realizzazione di strutture per l’assistenza territoriale, si è approdati a soluzioni diverse Regione per Regione, ma che non sono comunque in grado di dare una risposta efficace ai bisogni di una popolazione sempre più anziana e bisognosa di nuovi servizi.

Una medicina primaria che si mantiene ancorata in gran parte ancora al concetto anacronistico del medico di famiglia, che lavora in solitudine, che non si confronta con i colleghi del territorio all’interno di specifiche strutture, che non mantiene rapporti di collaborazione istituzionalizzati con i medici ospedalieri, non può garantire un adeguato livello assistenziale e rischia inoltre la frustrazione degli stessi medici di MG.
In alcune Regioni si è puntato addirittura alla delegittimazione dei MMG puntando su una privatizzazione organizzativa che con la pandemia ha mostrato tutti i suoi limiti gestionali e di risultato. Le case per la salute, attivate in qualche Regione, sono una risposta ancora insufficiente.

Le proposte per un cambiamento efficace

Quali potrebbero essere i cambiamenti da introdurre per una sanità pubblica, universale, gratuita e sempre più adeguata e coerente con i bisogni della popolazione, senza eccessivi stravolgimenti dell’attuale assetto?

Dal punto di vista normativo occorrerebbe una sorta di revisione-manutenzione condivisa per correggere le attuali principali storture nell’applicazione delle leggi sanitarie successive alla 833/78 e del Titolo V della Costituzione, che potrebbero interessare i seguenti aspetti:

  • Ridare centralità alla prevenzione.
  • Riaffermare l’autorevolezza dello Stato centrale nel ruolo di indirizzo, programmazione e controllo, come previsto dalla 833/78.
  • Ridefinire il ruolo del Direttore generale ora monocrate con potere assoluto, verso una direzione più collegiale e distribuita, espressione del territorio e con un ruolo effettivo e non solo formale, per le rappresentanze dei professionisti e degli operatori sanitari e più in generale dei cittadini e delle loro rappresentanze locali.
  • Unicità su tutto il territorio nazionale del modello organizzativo delle strutture sanitarie ospedaliere e del territorio (dimensioni, composizione, competenze, attività ecc.) definite dallo Stato in accordo con le Regioni e i Comuni.
  • Riorganizzare le cure primarie trasformando possibilmente, il rapporto di convenzione in dipendenza dal SSN e comunque, organizzando i medici di MG in team mutidisciplinari che operano a domicilio e in strutture territoriali attrezzate per le piccole necessità diagnostiche e curative, condivise nell’ambito del team.
  • Rivedere l’organizzazione della farmaceutica territoriale, ampliando la concorrenza mediante un accesso regolato all’apertura delle nuove farmacie sulla base di una territorializzazione con punteggi regionali, superando le modalità concorsuali ed eliminando la successione e la vendibilità di una concessione dello Stato. Nel contempo vanno implementare le forme di assistenza farmaceutica nelle zone montane e disagiate con l’apertura di farmacie comunali sussidiate. Tutte le farmacie convenzionate e le attuali parafarmacie da convenzionare col SSN, devono essere pienamente integrate con le farmacie ospedaliere e i servizi farmaceutici del SSN, sulla base di accordi remunerativi adeguati basati su un sistema prestazionale.
  • Consentire l’erogazione da parte delle farmacie di comunità di una serie di prestazioni aggiuntive di valore sociale e sanitario, come ad esempio, il monitoraggio dell'aderenza delle terapie, la prenotazione di visite ed esami, i test diagnostici di prima istanza e gli screening di prevenzione.
  • Promuovere la telemedicina e le innovazioni tecnologiche che possono facilitare la presa in caricoe la continuità delle cure con integrazioni/reti assistenziali tra medici, farmacisti e operatori sanitari.
  • Creare strutture e reti multidisciplinari capillari a livello distrettuale, che collaborano con i team della medicina primaria per la continuità ospedale territorio, per la ospedalizzazione e l’assistenza domiciliare e la presa in carico di specifiche fragilità.
  • Rivalutare il ruolo delle RSA come estrema ratio nel trattamento del paziente fragile e implementare tutte le strutture dedicate ai pazienti con fragilità psichica per ottenere una loro progressiva integrazione con la società in ambienti protetti e assistiti.
  • Finanziare il SSN con una percentuale del PIL allineata a quella destinata per la sanità dei principali Paesi europei.

Ruolo e attività per il farmacista del SSN

Per quanto riguarda il contributo che il farmacista del SSN può dare in questo nuovo contesto avanzato, siamo convinti che a livello ospedaliero, il coinvolgimento del farmacista nella attività clinica a supporto delle terapie appropriate, efficaci e sicure nei reparti e nelle fasi di transizione ospedale-territorio, come già viene sperimentato in alcune realtà, possa rappresentare un sensibile vantaggio in termini di qualità assistenziale.

Le esperienze attuali di allestimento di terapie tradizionali in dose unitaria e di tipo specialistico ed avanzato nelle apposite strutture di compounding corrispondono alle indicazioni che provengono dai Paesi dove la farmacia clinica e la pharmaceutical care sono più avanzate: l’obiettivo è quello di renderle stabili e di estenderle su tutto il territorio nazionale promuovendo il ruolo del farmacista clinico dipartimentale.

Analogamente, nel territorio, l’inserimento del farmacista clinico-distrettuale nei team multidisciplnari, può contribuire a migliorare l’assistenza farmaceutica, considerando la specifica professionalità acquisita come farmacista clinico esperto di monitoraggio dei consumi farmaceutici, di confronti in audit, di informazione qualificata volta a favorire la scelta tra diverse opzioni farmacologiche, alternativa e complementare a quella svolta dall’industria farmaceutica e del biomediciale.


 

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