Sintesi

Il diffondersi della variante Omicron del covid-19, ha iniziato da alcune settimane a destare preoccupazione per la crescita esponenziale, che ha portato questa variante a diffondersi con una prevalenza crescente, che in Italia (dato di fine dicembre) è pari ormai ormai al 40% dei contagi.

Per la maggioranza dei vaccinati gli effetti del contagio, consistono generalmente nello sviluppo di una sintomatologia simil influenzale, mentre per i non vaccinati, oltre a mettere in pericolo la loro vita, rischiano anche di saturare la disponibilità dei posti di ricovero nei reparti covid e nelle terapie intensive delle strutture sanitarie, fino al collasso.

La variante Omicron

Il diffondersi della variante Omicron del covid-19, ha iniziato da alcune settimane a destare preoccupazione. Dopo i primi casi segnalati in Botswana e Sudafrica, la variante è giunta in Europa già verso la fine di novembre, in Danimarca.

Da allora è cominciata una crescita vertiginosa ed esponenziale, che ha portato questa variante del virus a diffondersi rapidamente in tutti i Paesi europei, con una prevalenza crescente, che in Italia (dato di fine dicembre) è pari ormai ormai al 40% dei contagi e questa variante che è destinata a soppiantare compretamente la precedente variante Delta.

Come possiamo osservare dal Grafico 1, dal mese di dicembre il numero di contagiati in Italia sta salendo vertiginosamente superando di gran lunga i contagiati dello stesso mese dell’anno precedente.

Mentre i deceduti, Grafico 2, pur aumentati, sono decisamente inferiori a quelli dello stesso periodo dell’anno precedente.

La differenza può essere più facilmente colta dal Grafico 3 che presenta il confronto sovrapposto dell’andamento di contagiati e deceduti del 2020/2021. 

Quindi Omicron si sta diffondendo significativamente più velocemente della variante Delta nei paesi con trasmissione comunitaria documentata, con una maggiore capacità infettiva e con un periodo di incubazione della malattia, più breve rispetto alla variante Delta (mediana di 3 giorni verso 5).

I dati sulla gravità clinica dei pazienti infettati con la variante Omicron sono ancora limitati, anche se le informazioni provenienti da Sudafrica, Regno Unito e Danimarca che hanno già registrato una casistica più consistente, suggeriscono un rischio ridotto di ospedalizzazione per Omicron rispetto a Delta.  

Così pure il rischio di essere ricoverati in terapia intensiva per complicazioni respiratorie è di gran lunga inferiore rispetto allo scorso anno (Grafico 4 cerchiati in rosso).

Occorre però precisare che la diffusione del contagio di questa variante, avviene in una popolazione che risulta per circa l’ottanta per cento, già vaccinata con le due dosi.

 

Efficacia dei vaccini verso Omicron

I dati più solidi sull’efficacia dei vaccini contro la diffusione di Omicron provengono dal Regno Unito e riguardano i vaccini di Astrazeneca e Pfizer, quelli di gran lunga più somministrati in UK. I vaccinati con doppia dose di Astrazeneca hanno una protezione iniziale di solo il 35% contro Omicron.

Con la terza dose booster di Pfizer o Moderna, la protezione contro Omicron risale su valori compresi tra il 50% e il 65%, mentre contro la Delta è superiore al 90%. Per quanto riguarda invece i vaccinati con doppia dose di Pfizer, essi partono da una protezione del 60% contro Omicron che si azzera in circa 20 settimane. Con la dose booster di Pfizer o Moderna, la protezione contro Omicron risale a circa il 75%.
Per fronteggiare l’alta capacità di contagio di questa variante occorre prima di tutto la terza dose, che riporta la protezione contro il contagio a un buon livello, anche contro Omicron. Poi l’innalzamento di alcune misure di contenimento (mascherine FFP2, green pass rafforzato, ecc.), come già sta avvenendo in Italia e in tutti i paesi, per contenere il dilagare del virus e guadagnare tempo, in attesa dei nuovi vaccini progettati per sconfiggere Omicron.

Le case farmaceutiche pensano di riuscirci nel giro di tre o quattro mesi, ma poi i nuovi vaccini dovranno essere prodotti in miliardi di dosi e distribuiti. Servirà tempo, e questa volta ci auguriamo che saranno davvero per tutto il mondo.

Rispetto alla possibilità di contagio osserviamo dal grafico 5 come l’incidenza per i non vaccinati sia di 2900 casi ogni 100 mila abitanti, mentre per i vaccinati la probabilità non raggiunge gli stessi livelli, ma è comunque alta ( 835 casi ogni 100 mila cittadini), pari a 1 vaccinato ogni 3,5 non vaccinati.

Rispetto invece alla gravità della malattia con necessità di ospedalizzazione in terapia intensiva, il grafico 6 ci dice che solo 1 vaccinato ogni 13,6 non vaccinati finisce in terapia intensiva per le conseguenze della malattia. 

I dati sui ricoveri in terapia intensiva, comunicati dalle varie regioni, sono concordi nel rilevare che la percentuale dei malati di covid, non vaccinati, presenti nelle terapia intensive, rappresenti percentuali oltre 80%.
                         

Per la maggioranza dei vaccinati gli effetti del contagio da Omicron, consistono generalmente nello sviluppo di una sintomatologia simil influenzale localizzata alle alte vie respiratorie, ma anche nell’assenza di specifici effetti.  

La necessità di ospedalizzazione nei vaccinati con doppia dose rappresenta un evento piuttosto raro e legato all’età avanzata e alla concomitanza di altre patologie.

I rischi maggiori in termini di esiti, sono per i non vaccinati che oltre a mettere in pericolo la loro vita, rischiano anche di saturare la disponibilità dei posti di ricovero nei reparti covid e nelle terapie intensive delle strutture sanitarie, fino al collasso, con un enorme danno per le risorse umane, economiche ed assistenziali del SSN. Per questo e per altre ragioni etiche e sanitarie ci troviamo d’accordo per l’introduzione dell’obbligo vaccinale per tutta la popolazione.

 

Bibliografia essenziale


 

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